Archivi Mensili: gennaio 2024

Una nuova missione culturale: sviluppare una moderna civiltà cinese

Basandosi sulla prospettiva strategica del sostegno e dello sviluppo del marxismo, tipica del pensiero di Xi Jinping, quest’ultimo ha proposto in modo creativo la teoria dell’integrazione tra il marxismo del Ventunesimo secolo e il meglio della plurimillenaria cultura cinese, con i suoi principi progressisti quali il perseguire il bene comune, la centralità del popolo, l’autosviluppo individuale e collettivo, il garantire la pace su scala internazionale, ricercare la verità nei fatti e nell’esperienza concreta.

Per far conoscere la stimolante teoria della compatibilità e integrazione reciproca tra il marxismo e il meglio della cultura cinese, pubblichiamo il seguente articolo tratto dalla rivista teorica Qiushi.

Buona lettura da Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli.

Una nuova missione culturale: sviluppare una moderna civiltà cinese

La prosperità culturale funge da forte pilastro per il ringiovanimento di una nazione, mentre una cultura fiorente è una chiara indicazione del progresso di un’epoca. Durante una recente visita agli Archivi nazionali cinesi delle pubblicazioni e della cultura, il presidente Xi Jinping ha osservato: “In tempi di prosperità, lo sviluppo culturale dovrebbe avere la priorità. In quest’epoca, la nostra nazione è fiorente, con una società pacifica e stabile. Abbiamo sia la volontà che la capacità di portare avanti la nostra cultura nazionale. È fondamentale portare a termine questo compito”. “Ciò che mi sta più a cuore”, ha aggiunto, “sono i tesori inestimabili che hanno resistito alle vicissitudini della civiltà cinese. Anche se alcuni classici cinesi sono andati perduti nel corso dei secoli, dobbiamo fare tutto il possibile per proteggere e custodire i gioielli culturali rimasti e continuare a portare avanti l’unica civiltà al mondo che non è mai stata interrotta”. Queste parole riflettono la profonda preoccupazione del presidente Xi per la cultura tradizionale cinese.

La cultura è fondamentale nel plasmare e definire l’anima di una nazione. Senza la guida positiva di una cultura avanzata, un sostanziale arricchimento della vita intellettuale delle persone e un continuo rafforzamento dello spirito nazionale, nessun paese o nazione può emergere nella comunità delle nazioni.

Oggi, in tutta la vasta distesa della Cina, la luce della civiltà sta illuminando la strada verso il ringiovanimento. Il patrimonio culturale della Cina viene mantenuto vivo e ulteriormente arricchito, rendendo molto più evidenti lo spirito, i valori e la forza della nostra nazione. Il popolo cinese è più ispirato che mai ad andare avanti, più determinato che mai a lavorare duro e più fiducioso che mai di raggiungere il successo. Sono pieni di un più forte senso della storia e dell’iniziativa. In tutto il Paese stiamo assistendo a vividi esempi di come una cultura fiorente promuova la prosperità nazionale e di come la forza culturale rafforzi la forza nazionale. Sono stati compiuti progressi sostanziali nella costruzione di un Paese con una forte cultura socialista, generando una potente ondata di positività per sostenere e sviluppare il socialismo cinese nell’era attuale e promuovere nuovi progressi nella causa del Partito e del Paese.

Al suo 20° Congresso Nazionale tenutosi nell’ottobre 2022, il Partito Comunista Cinese (PCC) ha delineato un ambizioso progetto per trasformare la Cina in un grande paese socialista moderno e promuovere il ringiovanimento nazionale attraverso la modernizzazione cinese. La modernizzazione cinese cerca di costruire sull’antica civiltà cinese, piuttosto che cancellarla; è stato sviluppato qui in Cina, non copiato da nessun altro paese; ed è derivato dalla rivitalizzazione, non dallo sconvolgimento, della civiltà cinese. La modernizzazione cinese darà nuova vita a questa antica terra e vedrà la civiltà cinese risplendere di rinnovato splendore.

Cogliere appieno le caratteristiche distintive della civiltà cinese

Presso le Rovine Yin di Anyang, nella provincia di Henan, iscrizioni, incisioni e affascinanti ossa oracolari testimoniano diversi millenni di storia documentata, ispirando le persone a cercare risposte in quest’epoca alla domanda: “Cosa ha realizzato la Cina per fare ciò che è?” come oggi?” Meno di una settimana dopo la chiusura del 20° Congresso nazionale del PCC, il presidente Xi ha visitato questo sito archeologico. Esaminò attentamente bronzi, giade, ossa oracolari e altri manufatti culturali rinvenuti lì. “Desideravo da tempo visitare questo luogo”, ha osservato. “Questa volta sono qui per acquisire una comprensione più profonda della nostra civiltà, per vedere come possiamo mettere il passato al servizio del presente e per trarre ispirazione per lo sviluppo della moderna civiltà cinese”.

Con una storia che risale all’antichità, la raffinata cultura tradizionale cinese è ampia e profonda; è la cristallizzazione e il meglio della saggezza della civiltà cinese. È la radice e l’anima della nazione cinese e ci consente di mantenere una solida posizione nell’interazione culturale globale.

Il meglio della cultura tradizionale cinese abbraccia molti principi e concetti importanti, tra cui gli ideali sociali di perseguire il bene comune per tutti e promuovere l’armonia sociale, i principi di considerare il popolo come fondamento dello Stato e di governare il Paese con integrità, le idee di lottare per una grande unità in tutta la nazione ed essere uniti nella diversità, i valori di praticare l’auto-coltivazione, mantenere l’armonia familiare, condurre un buon governo, garantire la pace e assumersi i propri doveri per garantire il futuro della nazione, le aspirazioni di abbracciare il mondo con virtù e coltivando l’integrità, i principi economici di arricchire le persone e di considerare sia la giustizia che gli interessi, la filosofia ecologica di promuovere l’armonia tra l’umanità e la natura e di garantire che tutti gli esseri viventi crescano fianco a fianco, i principi filosofici di cercare la verità dai fatti e combinare conoscenza con azione, la mentalità di comprendere molteplici prospettive e cercare l’armonia attraverso la via di mezzo e l’approccio comunicativo di agire in buona fede ed essere amichevole con gli altri.

Questi importanti elementi della cultura tradizionale cinese offrono spunti importanti per affrontare le sfide contemporanee. Possono facilitare la nostra comprensione e trasformazione del mondo, far luce sulla governance nazionale e offrire chiarimenti sulla coltivazione della moralità.

Per vedere un fiume viaggiare lontano, devi assicurarti che scorra dolcemente fin dalla sua sorgente. Solo con una piena comprensione della storia della civiltà cinese possiamo stimolare la trasformazione creativa e lo sviluppo innovativo della cultura tradizionale cinese, promuovere il progresso della cultura socialista cinese e costruire una moderna civiltà cinese.

In un recente incontro sull’eredità culturale e sullo sviluppo, il presidente Xi ha affermato: “Il meglio della cultura tradizionale cinese comprende molte componenti importanti che si sono combinate per creare le caratteristiche distintive della civiltà cinese”. Ha fornito una rappresentazione precisa delle caratteristiche salienti della civiltà cinese: coerenza, originalità, unità, inclusività e pace.

La coerenza determina fondamentalmente che il popolo cinese debba seguire la propria strada. Se trascuriamo di vedere la Cina attraverso il prisma della sua storia lunga e ininterrotta, non saremo in grado di comprendere il passato e il presente della Cina, tanto meno il suo futuro.

L’originalità della civiltà cinese fa sì che essa rimanga sulla strada giusta senza limitarsi a seguire i sentieri battuti, rispettando le tradizioni ma non le pratiche obsolete. Determina inoltre che la nazione cinese è coraggiosa nell’affrontare nuove sfide e nell’abbracciare cose nuove.

L’unità della civiltà cinese ha visto le sue varie culture etniche unirsi per creare un insieme coeso e rimanere strettamente unite anche di fronte a gravi battute d’arresto. Determina la convinzione comune del popolo cinese secondo cui l’integrità territoriale della Cina deve essere sempre preservata, non si deve mai permettere alla nazione di cadere nel tumulto, i nostri gruppi etnici devono sempre rimanere uniti e la nostra civiltà non deve mai essere interrotta. Determina inoltre che l’unità nazionale sarà sempre al centro degli interessi fondamentali della Cina e che un Paese forte e unificato è vitale per il futuro di tutto il nostro popolo.

L’inclusività determina l’orientamento storico della nazione cinese verso la comunicazione, lo scambio e l’integrazione, nonché l’esistenza armoniosa di diverse credenze religiose in Cina. Definisce anche la volontà della cultura cinese di abbracciare e attingere ad altre culture.

La pace, il cui perseguimento è la natura stessa della civiltà cinese, determina che la Cina lavorerà sempre per salvaguardare la pace nel mondo, contribuire allo sviluppo globale e preservare l’ordine internazionale. La Cina continuerà a promuovere lo scambio e l’apprendimento reciproco tra le civiltà senza cercare l’egemonia culturale. La Cina non imporrà mai i suoi valori e il suo sistema politico agli altri. È impegnato nella cooperazione piuttosto che nello scontro e non formerà mai piccoli gruppi su base partigiana.

Questa delucidazione è convincente e ben raffinata. Queste cinque caratteristiche distintive della civiltà cinese determinano fondamentalmente il percorso di sviluppo, il carattere, le aspirazioni comuni, l’orientamento storico e l’ampia visione della nazione cinese.

Comprendere il significato profondo delle “due integrazioni”

Dalla prospettiva strategica e generale del sostegno e dello sviluppo del marxismo, il presidente Xi Jinping ha proposto in modo creativo le “due integrazioni”. Questi consistono nell’integrare i principi fondamentali del marxismo con le realtà specifiche della Cina e nell’integrare questi principi con il meglio della cultura tradizionale cinese. Inoltre, ha realizzato numerose importanti esposizioni per affrontare sistematicamente le principali questioni riguardanti i principi, i metodi e i percorsi per le “due integrazioni”. Tutto ciò ha fornito indicazioni e indicazioni su come meglio sostenere e sviluppare il marxismo nella nuova era iniziata nel 2012. Il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era si basa sulla Cina contemporanea ma ha anche radici profonde nella storia cinese. impregnando così il marxismo di caratteristiche pratiche, nazionali e moderne distintive. Questo pensiero è un modello per aderire alle “due integrazioni” e portare avanti l’innovazione teorica; è il marxismo della Cina contemporanea e del 21° secolo, che incarna il meglio della cultura e dell’etica cinese di quest’epoca. Significa una nuova svolta nell’adattare il marxismo al contesto cinese e alle esigenze dei nostri tempi.

Xi Jinping ha sottolineato: “Date le ricche basi della nostra civiltà vecchia di oltre 5.000 anni, solo integrando i principi fondamentali del marxismo con le realtà specifiche della Cina e con la sua cultura tradizionale possiamo essere pionieri e sviluppare il socialismo cinese. Questa conclusione, tratta dalla nostra esperienza, è lo strumento più efficace di cui disponiamo per raggiungere il successo”.

È importante capire che la premessa dell’integrazione risiede nella compatibilità reciproca. Sebbene il marxismo e la cultura tradizionale cinese abbiano origini diverse, sono altamente compatibili. Solo con tale compatibilità è possibile raggiungere una vera integrazione, che contribuirà al successo di entrambe le parti. L’integrazione non consiste nel mettere insieme componenti diversi, né è una convergenza fisica semplicistica. Richiede una fusione globale, che dia vita a una nuova unità culturale organicamente intrecciata. Ha consentito al marxismo di mettere veramente radici in Cina, ha contribuito a modernizzare la cultura tradizionale cinese e ha facilitato l’emergere di una nuova cultura che funge da forma culturale per la modernizzazione cinese.

L’integrazione ha rafforzato le basi del nostro percorso. Solo nel contesto di oltre 5.000 anni di civiltà cinese possiamo veramente comprendere la necessità storica, il significato culturale e i punti di forza unici del percorso cinese. L’integrazione ha conferito maggiore profondità al percorso del socialismo cinese e ne ha ampliato le basi culturali. Poiché la modernizzazione cinese infonde alla civiltà cinese una vitalità moderna, conferisce un ricco patrimonio alla modernizzazione cinese.

L’integrazione ha aperto nuovi spazi per l’innovazione. È di per sé una forma di innovazione, ma apre anche un vasto terreno per scoperte teoriche e pratiche, consentendo al PCC di mantenere l’iniziativa teorica e culturale e di applicarla efficacemente al percorso, alla teoria e al sistema del socialismo con caratteristiche cinesi.

L’integrazione ha anche rafforzato la nostra identità culturale. Il capitolo cinese del marxismo è stato scritto dai comunisti cinesi confidando nelle proprie forze. La nostra esperienza e la realtà attuale mostrano che solo radicandosi nel ricco suolo culturale del paese e della nazione la verità del marxismo può fiorire qui. L’affermazione del pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era è una potente manifestazione di identità culturale.

Come dice l’antico proverbio: “Come può il fiume essere così limpido? Poiché è alimentato da fresche acque correnti”. Il meglio della cultura tradizionale cinese rappresenta la radice delle nuove teorie del PCC. Sin dalla sua fondazione nel 1921, il PCC ha guidato e promosso attivamente la cultura avanzata della Cina, mantenendo viva e forte la cultura tradizionale. Durante l’incontro sull’eredità culturale e lo sviluppo, il presidente Xi ha sottolineato che “integrare il marxismo con il meglio della cultura tradizionale cinese è ancora un altro esempio di liberazione della mente”. Ci consente di sfruttare le preziose risorse della cultura tradizionale cinese per esplorare innovazioni teoriche e istituzionali orientate al futuro all’interno di uno spazio culturale più ampio. Questa integrazione costituisce un profondo riassunto dell’esperienza del PCC nell’adattare il marxismo al contesto cinese e alle esigenze dei tempi e indica una conoscenza approfondita delle leggi di sviluppo alla base della civiltà cinese. Riflette i nuovi traguardi che il Partito ha raggiunto nella sua comprensione del percorso, della teoria e del sistema cinese, nella sua fiducia storica e culturale e nella sua consapevolezza di promuovere l’innovazione culturale portando avanti il ​​meglio della cultura tradizionale cinese.

Capire come farsi carico efficacemente della nuova missione culturale

La fiducia culturale è una forma più fondamentale, estesa e profonda di fiducia in se stessi e la forza più fondamentale, profonda e duratura dietro lo sviluppo di un paese e di una nazione. Senza una forte fiducia e prosperità culturale, il ringiovanimento nazionale sarà irraggiungibile. Radicati in una terra di oltre 9,6 milioni di chilometri quadrati, nutriti da una cultura secolare e benedetti dalla forza di oltre 1,4 miliardi di persone, disponiamo di un palcoscenico infinitamente vasto, di un patrimonio di ineguagliabile profondità e di una determinazione incomparabile nel disegnare quando perseguiamo il nostro percorso.

Per sostenere al meglio la nostra nuova missione culturale, dobbiamo mantenere una salda fiducia culturale, seguire fermamente la nostra strada e fare affidamento sulle grandi pratiche storiche e contemporanee della nazione cinese. Dobbiamo rivedere l’esperienza cinese attraverso una lente cinese ed elevare quell’esperienza a teorie che garantiscano l’indipendenza intellettuale.

La bellezza dell’armonia sta nella diversità. La cultura cinese è sia storica che contemporanea, appartiene sia alla nazione cinese che al mondo intero. Oggi ci impegneremo a rimuovere tutte le barriere allo scambio culturale con una mente ampia, attingeremo alle culture di altri paesi con un atteggiamento inclusivo e presenteremo la cultura cinese al mondo con fiducia e apertura. Tutto ciò contribuirà a promuovere lo sviluppo comune di tutte le civiltà attraverso gli scambi e l’apprendimento reciproco e ad aprire nuovi capitoli nel progresso dell’umanità.

Per sostenere meglio la nostra nuova missione culturale, dobbiamo rimanere aperti e inclusivi, continuare ad adattare il marxismo al contesto cinese e alle esigenze dei nostri tempi, mantenere vivo e sviluppare ulteriormente il meglio della cultura tradizionale cinese, fare in modo che gli elementi culturali stranieri siano adattati alla cultura cinese. società e continuare a promuovere e creare una cultura socialista con caratteristiche cinesi nella nuova era.

Ogni civiltà è, in parte, la continuazione dell’anima di un paese o di una nazione. Bisogna mantenere viva quest’anima di generazione in generazione, ma deve anche stare al passo con i tempi e avere il coraggio di innovare. Sostenendo i principi fondamentali e aprendo nuove strade, seguiamo la millenaria tradizione culturale cinese di aderire alla retta via perseguendo al tempo stesso le riforme. Allo stesso tempo, onoriamo anche l’impegno duraturo del PCC nel liberare la mente, cercare la verità nei fatti, stare al passo con i tempi e rimanere pragmatico e realistico, sostenendo così l’unità dialettica di continuazione e sviluppo.

Per sostenere meglio la nostra nuova missione culturale, dobbiamo continuare a sostenere i principi fondamentali e aprire nuove strade. In questo modo possiamo, con un approccio intraprendente e basato su principi, portare avanti le nostre tradizioni culturali e scrivere uno splendido capitolo per la Cina contemporanea.

http://en.qstheory.cn/

(Apparso originariamente sul Qiushi Journal, edizione cinese, n. 12, 2023)

Il pensiero di Xi Jinping può essere giustamente acclamato come il marxismo del 21° secolo

Il pensiero di Xi Jinping può essere giustamente acclamato come il marxismo del 21° secolo

L’Accademia cinese delle scienze sociali, insieme a varie istituzioni sotto il suo ombrello, tra cui

L’Accademia cinese delle scienze sociali, insieme a varie istituzioni sotto il suo ombrello, tra cui l’Accademia del marxismo e il Centro mondiale di ricerca sul socialismo, ha organizzato il 13° Forum mondiale del socialismo a Pechino, dal 28 al 30 novembre.

A numerosi delegati cinesi, tra cui esponenti di spicco del Partito Comunista Cinese, studiosi, ricercatori e studenti di marxismo, e altri, si sono uniti studiosi e attivisti politici e sociali da tutto il mondo. Includevano leader, rappresentanti e membri di partiti comunisti e altri partiti e organizzazioni di sinistra di molti paesi, tra cui Cuba, Vietnam e Laos; Nepal, Bangladesh, Sri Lanka, Turchia, Libano, Siria, Giappone e Australia; Sud Africa, Zambia, Ghana e Kenya; Perù, Argentina, Brasile e Stati Uniti; e Russia, Ungheria, Spagna, Portogallo, Italia, Gran Bretagna, Francia, Svizzera, Finlandia e Cipro.

Friends of Socialist China era rappresentato dal nostro co-editore Keith Bennett.

Dopo la conferenza principale di Pechino, i delegati internazionali sono stati divisi in due gruppi che si sono recati rispettivamente nelle province di Shandong e Fujian.

Quello che segue è il testo del discorso tenuto da Keith alla conferenza presso l’Università di Fuzhou. Citando VI Lenin, JV Stalin, Mao Zedong, Deng Xiaoping e Xi Jinping, Keith tocca il rapporto tra i paesi socialisti e la lotta per il socialismo su scala mondiale e procede analizzando come questo si collega al concetto del presidente Xi Jinping di un futuro condiviso per l’umanità e in particolare la Belt and Road Initiative (BRI). Keith ha anche presentato un documento simile (leggermente abbreviato a causa dei limiti di tempo) al forum di Pechino.

Cari compagni

Innanzitutto, vorrei esprimere i miei sinceri ringraziamenti all’Accademia del Marxismo dell’Accademia Cinese delle Scienze Sociali e all’Università di Fuzhou, insieme a tutti gli organizzatori e co-organizzatori, per il loro gentile invito, l’eccellente organizzazione e la generosa ospitalità.

Vorrei anche unirmi al nostro compagno del Partito Comunista degli Stati Uniti, che ha parlato poco prima, nel dire quanto sia stimolante vedere così tanti giovani studenti qui oggi e, in particolare, così tante giovani studentesse. Vedendovi mi viene in mente ciò che il presidente Mao disse agli studenti cinesi a Mosca nel 1957: che il futuro della Cina e del mondo vi appartiene e che le nostre speranze sono riposte in voi.

Non è un caso che ci incontriamo qui nella Repubblica popolare cinese, il principale paese socialista del mondo, per discutere delle prospettive del socialismo mondiale.

È anche molto significativo che a noi si uniscano qui i rappresentanti delle eroiche nazioni socialiste del Vietnam e del Laos, e colgo l’occasione per congratularmi ancora calorosamente con i nostri compagni laotiani per il 48 ° anniversario della vittoria della loro rivoluzione, celebrato ieri.

Nel suo progetto di tesi sulla questione nazionale e coloniale, scritto per il Secondo Congresso dell’Internazionale Comunista il 5 giugno 1920, Lenin scrisse che “l’internazionalismo proletario esige, in primo luogo, che gli interessi della lotta proletaria in ogni paese siano tutelati”. subordinato agli interessi di questa lotta su scala mondiale e, in secondo luogo, che una nazione che sta ottenendo la vittoria sulla borghesia dovrebbe essere capace e disposta a fare i più grandi sacrifici nazionali per il rovesciamento del capitale internazionale”.

Nel suo discorso con gli amici africani l’8 agosto 1963, il compagno Mao Zedong disse: “Le persone che hanno trionfato nella propria rivoluzione dovrebbero aiutare coloro che ancora lottano per la liberazione. Questo è il nostro dovere internazionalista”.

Nel suo discorso con l’ex presidente della Tanzania Julius Nyerere il 23 novembre 1989, il compagno Deng Xiaoping disse: “Finché il socialismo non crollerà in Cina, manterrà sempre la sua posizione nel mondo”.

Nel suo rapporto al 19 ° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese, presentato il 18 ottobre 2017, il compagno Xi Jinping ha affermato che il socialismo con caratteristiche cinesi “offre una nuova opzione per altri paesi e nazioni che vogliono accelerare il loro sviluppo mentre preservare la propria indipendenza; e offre la saggezza cinese e un approccio cinese per risolvere i problemi che affliggono l’umanità”.

Sono passati 10 anni da quando il presidente Xi Jinping ha presentato l’iniziativa Belt and Road e appena un mese fa ho avuto il privilegio di essere seduto nella Grande Sala del Popolo di Pechino per ascoltare il presidente Xi aprire il Terzo Forum Belt and Road per la cooperazione internazionale.

Xi Jinping ha affermato che negli ultimi dieci anni “abbiamo imparato che l’umanità è una comunità con un futuro condiviso. La Cina può fare bene solo quando il mondo va bene. Quando la Cina andrà bene, il mondo migliorerà ancora”.

Il presidente Xi, a mio avviso, esprime le cose qui con tale semplicità e chiarezza, facendolo sembrare un ovvio buon senso, che potrebbe sembrare che ciò sia accettabile per tutti e che nessuno possa non essere d’accordo.

Ma questo è tutt’altro che vero. La BRI riguarda lo sviluppo, la modernizzazione e la globalizzazione. E ci sono due approcci fondamentalmente diversi a queste domande nel mondo di oggi. Non è una coincidenza che l’approccio a queste questioni che rappresenta e incarna gli interessi della stragrande maggioranza dei paesi e della stragrande maggioranza delle persone in ogni paese, debba essere proposto dal principale paese socialista del mondo. Né è una coincidenza che sia soprattutto il principale paese imperialista mondiale ad annunciare ogni pochi mesi una presunta alternativa alla BRI, nessuna delle quali ottiene alcun successo o alcun risultato concreto.

Il compagno Liu Jianchao, Ministro del Dipartimento Internazionale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, ha esposto chiaramente la questione in un recente articolo, dove ha scritto:

“La visione di costruire una comunità umana con un futuro condiviso e le tre iniziative globali sono scientifiche. Incapsulano le posizioni, i punti di vista e i metodi del marxismo, riflettendo i tratti distintivi del marxismo e dimostrando un carattere teorico saliente. Sostenute dal materialismo dialettico e storico, la visione e le tre iniziative globali rivelano le leggi che governano lo sviluppo della società umana e la sua direzione futura”.

Già nel 1920, nelle Tesi che ho citato poco prima, Lenin scriveva che “esiste una tendenza verso la creazione di un’unica economia mondiale, regolata dal proletariato di tutte le nazioni nel suo insieme e secondo un piano comune. Questa tendenza si è già manifestata chiaramente sotto il capitalismo ed è destinata a svilupparsi ulteriormente e a consumarsi sotto il socialismo”.

Un attento studio del Libro Bianco pubblicato dall’Ufficio Informazioni del Consiglio di Stato cinese il 10 ottobre, in concomitanza con il decennale e il Forum di Pechino, può aiutare a comprendere questo in modo più concreto.

Il Libro bianco chiarisce ancora una volta che, sebbene la BRI sia stata lanciata dalla Cina, appartiene al mondo e va a beneficio dell’intera umanità.

“Indipendentemente dalle dimensioni, dalla forza e dalla ricchezza, tutti i paesi partecipano in condizioni di parità”.

Rendendo molto chiara la distinzione tra l’approccio socialista e quello imperialista a tali questioni, si nota che il tipo di sviluppo portato avanti dalla BRI diverge dal “colonialismo sfruttatore del passato, evita transazioni coercitive e unilaterali, rifiuta il modello centro-periferia di dipendenza e rifiuta di scaricare la crisi sugli altri o di sfruttare i vicini per interesse personale”.

Lo stesso punto è stato sottolineato con ancora più forza dal presidente Xi Jinping nel suo rapporto al 20 ° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese, presentato il 22 ottobre dello scorso anno, in cui affermava:

“Nel perseguire la modernizzazione, la Cina non ripercorrerà il vecchio percorso di guerra, colonizzazione e saccheggio intrapreso da alcuni paesi. Questo percorso brutale e insanguinato di arricchimento a spese degli altri ha causato grandi sofferenze alle popolazioni dei paesi in via di sviluppo”.

Queste parole del presidente Xi acquisiscono sicuramente una rilevanza e un’intensità ancora maggiori oggi di fronte alla guerra genocida di Israele a Gaza e alla coraggiosa resistenza del popolo palestinese, un vero e proprio ghetto di Varsavia del 21 ° secolo. Da un lato, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia, la Germania e una manciata di altri paesi, aiutano e incoraggiano il genocidio e cercano persino di limitare e negare il diritto dei loro popoli a protestare. D’altro canto, la Cina socialista, insieme alla stragrande maggioranza dei paesi del mondo, soprattutto del Sud del mondo, si batte per la pace, per la fine della guerra di aggressione e per la realizzazione, attesa da tempo, dei diritti nazionali ad un’indipendenza. stato del popolo palestinese.

E la stessa distinzione fondamentale riguardo a quale strada prendere informa l’approccio della Cina socialista alla globalizzazione. Nei paesi occidentali, il discorso prevalente, sia da sinistra che da destra, tende ad affermare che la Cina ha abbracciato con tutto il cuore il modello di globalizzazione avanzato dalle maggiori potenze capitaliste. Ciò è così lontano dalla realtà da suggerire che coloro che lo promuovono siano ignoranti o maligni. O molto probabilmente entrambi.

Il Libro Bianco chiarisce chiaramente che i frutti della globalizzazione economica sono stati finora dominati da un piccolo gruppo di paesi sviluppati. Invece di contribuire alla prosperità comune a livello globale, spiega, la globalizzazione ha ampliato il divario di ricchezza tra ricchi e poveri, tra paesi sviluppati e in via di sviluppo e all’interno degli stessi paesi sviluppati. Molti paesi in via di sviluppo hanno beneficiato poco della globalizzazione economica e hanno addirittura perso la capacità di uno sviluppo indipendente. Alcuni paesi, si nota, hanno praticato l’unilateralismo, il protezionismo e l’egemonismo.

Ma proprio come, ai loro tempi, Marx ed Engels non potevano sostenere, ma piuttosto ripudiare e opporsi all’approccio luddista che, di fronte alle indubbie depredazioni e crudeltà della rivoluzione industriale, cercava di invertire il corso oggettivo del progresso storico, la Cina , a differenza di altri, non rifiuta la globalizzazione. Ma rappresenta una globalizzazione diversa. La globalizzazione economica, insiste il Libro bianco, resta una tendenza irreversibile. È impensabile che i paesi ritornino a uno stato di reclusione o isolamento. Ma la globalizzazione economica deve subire aggiustamenti sia nella forma che nella sostanza.

L’obiettivo della BRI, spiega, è proprio quello di contribuire a una forma di globalizzazione che generi prosperità comune e che apporti benefici soprattutto ai paesi in via di sviluppo. Pertanto, sebbene la BRI sia aperta a tutti, non è né un caso né una coincidenza che la maggior parte dei suoi partecipanti siano paesi in via di sviluppo. I paesi in via di sviluppo nel loro complesso cercano tutti di sfruttare la propria forza collettiva per affrontare sfide quali infrastrutture inadeguate, sviluppo industriale in ritardo e capitale, tecnologie e competenze insufficienti, in modo da promuovere il proprio sviluppo economico e sociale.

E come sottolineava Lenin nel suo articolo Meglio meno, ma meglio , scritto il 2 marzo 1923:

“In ultima analisi, l’esito della lotta sarà determinato dal fatto che Russia, India, Cina, ecc., rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione mondiale. E proprio questa maggioranza negli ultimi anni è stata trascinata nella lotta per l’emancipazione con straordinaria rapidità, tanto che sotto questo aspetto non può esserci il minimo dubbio su quale sarà l’esito finale della lotta mondiale. In questo senso la vittoria completa del socialismo è pienamente e assolutamente assicurata”.

È con questa straordinaria preveggenza, scrivendo quando il primo Stato operaio del mondo stava letteralmente lottando per la propria esistenza, e quando la maggior parte del mondo era ancora divisa tra una manciata di potenze imperialiste, che Lenin poté anticipare gli eventi esattamente di un secolo. successivamente, quando il PIL dei BRICS avrà superato quello del G7. E proprio la posizione, il punto di vista e il metodo del marxismo e del leninismo ci permettono di apprezzare il significato fondamentale ed epocale di tali sviluppi.

Fondato com’è quindi nella posizione, nel punto di vista e nel metodo del marxismo, dovrebbe essere chiaro che la BRI si basa ed eredita non solo le Vie della Seta dell’antichità, ma anche la storia diplomatica della Cina socialista, nonché il punto di vista internazionale. e la pratica del movimento operaio internazionale più in generale, in particolare dopo la fondazione degli Stati lavoratori, la costituzione della classe operaia come classe dominante.

Ciò risuona, ad esempio, con la costruzione da parte della Cina della ferrovia Tazara in Zambia e Tanzania negli anni ’70. Con i Cinque Principi di Coesistenza Pacifica proposti dal Premier Zhou Enlai nel 1954 e i Dieci Principi adottati dalla Conferenza Afro-Asiatica tenutasi nella città indonesiana di Bandung l’anno successivo.

Già nel 1921, ancor prima della formazione ufficiale dell’URSS, il governo di Lenin concluse trattati con l’Afghanistan, la Persia e la Turchia, che prevedevano il sostegno reciproco, l’aiuto nel campo finanziario, tecnico, del personale e in altri campi, e soprattutto il sostegno nelle loro attività. lotta per conquistare e mantenere l’indipendenza dalle potenze coloniali e imperiali.

Questo a sua volta si basava sulle deliberazioni del Secondo Congresso dell’Internazionale Comunista, tenutosi nel 1920, che, nelle Tesi a cui ho fatto riferimento in precedenza, stabilì il dovere assoluto del movimento operaio di sostenere le lotte dei paesi coloniali e oppressi. paesi e popoli per la liberazione e per l’indipendenza contro l’imperialismo.

Come riassunse Stalin nella sua opera del 1924 I Fondamenti del leninismo:

“La lotta che l’emiro dell’Afghanistan conduce per l’indipendenza dell’Afghanistan è oggettivamente una  lotta rivoluzionaria  , nonostante le idee monarchiche dell’emiro e dei suoi associati, poiché indebolisce, disintegra e mina l’imperialismo… Per le stesse ragioni, la lotta che l’emiro La lotta dei mercanti e degli intellettuali borghesi egiziani per l’indipendenza dell’Egitto è oggettivamente una  lotta rivoluzionaria  , nonostante l’origine borghese e il titolo borghese dei dirigenti del movimento nazionale egiziano, nonostante il fatto che siano contrari al socialismo”.

La Belt and Road Initiative e le altre iniziative globali avanzate dal presidente Xi Jinping sono l’eredità e l’espressione del 21 ° secolo di questa teoria e pratica marxista. La differenza è che oggi sta diventando una forza materiale che sta progressivamente unendo e mobilitando la maggioranza dell’umanità, trasformando così il mondo. Questo è uno dei motivi principali per cui il pensiero di Xi Jinping può essere giustamente acclamato come il marxismo del 21 ° secolo e perché, come ci ricorda costantemente il presidente Xi, stiamo assistendo a cambiamenti mai visti in un secolo, cioè dalla nascita del primo movimento operaio. stato, e così ricordando la frase commovente dell’Internazionale:

Un mondo migliore è nella nascita.

Grazie per l’attenzione.

Lenin con gli occhi a mandorla: l’asiacentrismo

Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

Lenin con gli occhi a mandorla: l’asiacentrismo

V. I. Lenin, Meglio meno ma meglio (1923): «L’esito della lotta» (tra comunismo e imperialismo moderno) «dipende, in ultima istanza, dal fatto che la Russia, l’India, la Cina ecc., costituiscono l’enorme maggioranza della popolazione».

Dato per assodato il decisivo apporto reso da Lenin, dal 1893 al 1923, alla vittoria e al consolidamento dell’epocale Rivoluzione d’Ottobre, in gran parte sull’ex impero zarista, risulta ora poco apprezzato nella sinistra antagonista delle metropoli imperialiste il geniale contributo teorico (oltre che pratico) offerto da Lenin al processo di sviluppo del marxismo creativo e antidogmatico: gli schemi e le analisi innovative via via prodotte dal grande rivoluzionario russo (1870-1924) rispetto al capitalismo russo dal 1894 al 1916, al partito rivoluzionario, allo sviluppo in fasi differenti del processo rivoluzionario, al materialismo e alla logica dialettica, all’imperialismo contemporaneo, al capitalismo monopolistico di stato, al complicato processo di costruzione del socialismo in Russia, costituiscono una serie impressionante di gemme assai preziose e incastonate tra loro che servono, ancora oggi, all’elaborazione e alla praxis collettiva dei comunisti del Ventunesimo secolo, a un secolo dalla scomparsa del fondatore del bolscevismo/comunismo moderno.

Molto meno nota si rivela invece un’altra sezione del pensiero leninista, rilevante e importante, che consiste nella teoria dell’asiacentrismo.

Bisogna subito precisare che lo stesso concetto di Asia risulta di origine europea e risale allo storico greco Erodoto, essendo una categoria geopolitica non accettata dagli abitanti dell’Asia fino ai primi del Novecento: se dunque non sorprende che eurocentrismo, USA centrismo (dottrina Monroe, ecc.) e sino centrismo (fino all’orrenda guerra dell’oppio, scatenata per la prima volta dal colonialismo anglofrancese contro il popolo cinese nel 1839-42) rappresentano dei fenomeni culturali e ideologici diversi tra loro, ma con radici profonde e plurisecolari, l’asiacentrismo di matrice comunista costituisce invece una corrente di pensiero relativamente recente e che trovò il suo fondatore proprio in Vladimir Ilic Ulianov: ossia un russo innamorato anche dell’allora sofferente, martoriata e gigantesca sua patria e che prese il suo soprannome da uno dei principali fiumi asiatici, la Lena, collocata in quella Siberia che Lenin conobbe direttamente negli anni della sua deportazione, tra il 1897 e il 1899.

Il primo tassello dell’asiacentrismo di Lenin venne dalla sua autocoscienza del carattere dualista e sdoppiato, europeo ma anche asiatico sotto l’aspetto geopolitico ed economico, della sconfinata Russia del XIX e XX secolo: un vero e proprio subcontinente i cui confini si estendevano dalla frontiera con l’impero della Germania fino alla Cina, alle coste orientali della Siberia e a Vladivostock, come notò del resto Stalin nel suo eccellente saggio Il marxismo e la questione nazionale, pubblicato nel 1913 con la supervisione politica di Lenin.[1]

Fin dall’autunno del 1895 Lenin aveva sottolineato, in un articolo in cui ricordava ed elogiava il grande rivoluzionario e scienziato F. Engels, che «Marx ed Engels vedevano chiaramente che la rivoluzione politica» (antizarista) «in Russia avrebbe avuto un’immensa importanza anche per il movimento rivoluzionario dell’Est europeo. L’autocrazia russa è sempre stata il baluardo della reazione europea in generale» nel 1902 e nel suo lucido capolavoro politico intitolato Che fare? Lenin effettuò un salto di qualità teorico sottolineando già allora che al proletariato russo la storia «pone un compito immediato, il più rivoluzionario di tutti i compiti immediati del proletariato di qualsiasi altro paese. L’adempimento di questo compito, la distruzione del baluardo più potente della reazione» ossia lo zarismo “non soltanto europea, ma anche (oggi possiamo dirlo) asiatica, farebbe del proletariato russo l’avanguardia del proletariato russo internazionale”».[2]

A partire dunque dal 1902 la componente asiatica, di natura sia politico-economica che di relazioni internazionali della Russia, costituiva un dato di fatto e un’evidenza empirica ben presente nella coscienza del geniale Lenin: e quest’ultimo costruì negli anni successivi una seconda architrave della sua teoria asiacentrica mediante importante ma controintuitiva tesi sul carattere politico-sociale avanzato dell’Asia all’inizio del XX secolo, connesso e collegato da Lenin alla natura invece arretrata dell’Europa e del mondo occidentale in generale.

In un suo memorabile articolo pubblicato nel maggio del 1913 sulla semilegale Pravda, intitolato per l’appunto L’Europa arretrata e l’Asia avanzata, Lenin iniziò il suo ragionamento analitico ammettendo che «la contrapposizione di queste parole sembra un paradosso. Chi non sa che l’Europa è avanzata, e l’Asia arretrata? Eppure le parole che formano il titolo di quest’articolo racchiudono in sé un’amara verità.

L’Europa civile ed avanzata – con la sua brillante tecnica sviluppata, con la sua cultura ricca e multiforme e la sua Costituzione – è giunta a un momento storico in cui la borghesia che comanda sostiene, per tema del proletariato che moltiplica i suoi effettivi e le sue forze, tutto ciò che è arretrato, agonizzante, medioevale. La borghesia moribonda si allea a tutte le forze invecchiate e in via di estinzione per mantenere la schiavitù salariata ormai scossa.

Nell’Europa avanzata comanda la borghesia che sostiene tutto ciò che è arretrato. Nei nostri giorni l’Europa è avanzata non grazie alla borghesia, ma suo malgrado, poiché il proletariato, ed esso solo, alimenta ininterrottamente l’esercito formato dai milioni di uomini che combattono per un avvenire migliore; esso solo serba e diffonde un odio implacabile per tutto ciò che è arretrato, per la brutalità, i privilegi, la schiavitù e l’umiliazione inflitta dall’uomo all’uomo.

Nell’Europa “avanzata” solo il proletariato è una classe avanzata. La borghesia ancora in vita, è pronta invece a qualsiasi atto brutale, feroce e a qualsiasi delitto per salvaguardare la schiavitù capitalista che sta per perire.

Non si saprebbe fornire un esempio più impressionante di questa putrefazione di tutta la borghesia europea che quello del suo appoggio alla reazione in Asia per i cupidi scopi degli affaristi della finanza e dei truffatori capitalisti.

In Asia si sviluppa, si estende e si rafforza ovunque un potente movimento democratico. Là la borghesia marcia ancora col popolo contro la reazione. Centinaia di milioni di uomini si svegliano alla vita, alla luce, alla libertà. Quale entusiasmo suscita questo movimento universale nel cuore di tutti gli operai coscienti, i quali sanno che il cammino verso il collettivismo passa per la democrazia! Quale simpatia sentono tutti i democratici onesti verso la giovane Asia!

E l’Europa “avanzata”? Essa saccheggia la Cina e aiuta i nemici della democrazia, i nemici della libertà in Cina!

Ecco un piccolo calcolo, semplice ma istruttivo. Il nuovo prestito cinese è stato contratto contro la democrazia cinese: l’“Europa” è per Yuan Sci Kai, che prepara una dittatura militare. Ma perché lo sostiene essa? Perché fa un buon affare. Il prestito è stato contratto per una somma di quasi 250 milioni di rubli, al corso dell’84 per cento. Ciò significa che i borghesi d’“Europa” versano ai cinesi 210 milioni mentre ne fanno pagare al pubblico 225. Eccovi di colpo, in qualche settimana, un beneficio netto di 15 milioni di rubli! Non è, in realtà, un beneficio veramente “netto”?

E se il popolo cinese non riconoscerà il prestito? In Cina c’è la repubblica, e la maggioranza del Parlamento non è forse contraria al prestito?

Oh, allora l’Europa “avanzata” leverà alte grida a proposito della “civiltà”, dell’“ordine”, della “cultura” e della “patria”! Allora farà parlare i cannoni e schiaccerà la repubblica dell’Asia “arretrata”, in alleanza con l’avventuriero, il traditore e amico della reazione Yuan Sci Kai!

Tutta l’Europa che comanda, tutta la borghesia europea è alleata con tutte le forze della reazione e del Medio Evo in Cina.

In compenso la giovane Asia, vale a dire le centinaia di milioni di lavoratori dell’Asia, ha un alleato sicuro nel proletariato di tutti i paesi civili. Nessuna forza al mondo sarà capace di impedire la sua vittoria, che libererà sia i popoli d’Europa che i popoli d’Asia».[3]

Secondo il corretto giudizio di Lenin, che assunse un rilievo epocale oltre che esteso a larga parte del pianeta, ormai «la giovane Asia, vale a dire le centinaia di milioni di lavoratori dell’Asia» aveva ormai dimostrato un potenziale politico-sociale di livello così elevato che «nessuna forza al mondo» sarebbe stata in grado di impedire la sua vittoria nella lotta contro il feroce imperialismo dell’“Europa arretrata”: profezia leninista rivelatasi assolutamente corretta, ma compresa da pochi nel 1913.

Un ulteriore tassello dell’asiacentrismo di Lenin viene alla luce nel marzo 1923 attraverso un suo scritto avente per oggetto anche il dato di fatto, sicuro e indiscutibile, per cui l’Asia (ivi compresa la Russia) rappresentava nel 1923 la grande maggioranza della popolazione del pianeta, oltre che il continente più esteso: elementi empirici che acquisivano un immenso significato politico-sociale agli occhi del lucido e appassionato rivoluzionario russo, ormai vicino alla morte, trasformandosi nei fattori e nelle forze decisive in ultima istanza per la vittoria su scala planetaria del socialismo, nel suo scontro secolare con l’imperialismo di matrice prevalentemente occidentale.

Nel profondo, articolato e complesso articolo in via di esame Lenin infatti analizzò la situazione mondiale di quel periodo con la sua solita chiarezza.

«Ci troviamo così, nel momento attuale, davanti alla domanda: saremo noi in grado di resistere con la nostra piccola e piccolissima produzione contadina, nelle nostre condizioni disastrose, fino a che i paesi capitalistici dell’Europa occidentale non avranno compiuto il loro sviluppo verso il socialismo? Ed essi tuttavia non lo compiono come ci attendevamo. Essi lo compiono non attraverso una “maturazione” uniforme del socialismo, ma attraverso lo sfruttamento di alcuni Stati da parte di altri, attraverso lo sfruttamento del primo Stato vinto nella guerra imperialistica, unito allo sfruttamento di tutto l’Oriente. L’Oriente d’altra parte, è entrato definitivamente nel movimento rivoluzionario appunto in seguito a questa prima guerra imperialistica, ed è stato trascinato definitivamente nel turbine generale del movimento rivoluzionario mondiale.

Quale tattica prescrive dunque tale situazione per il nostro paese? Evidentemente la seguente: dobbiamo essere estremamente cauti per poter conservare il nostro potere operaio, per poter mantenere sotto la sua autorità e sotto la sua guida i nostri piccoli e piccolissimi contadini. Dalla nostra parte c’è il vantaggio che tutto il mondo sta già passando a un movimento da cui dovrà nascere la rivoluzione socialista mondiale. Ma vi è anche lo svantaggio che gli imperialisti sono riusciti a scindere tutto il mondo in due campi, e che inoltre questa scissione si complica per il fatto che la Germania, paese capitalistico effettivamente sviluppato e colto, incontra estreme difficoltà per rimettersi in piedi. Tutte le potenze capitalistiche del cosiddetto Occidente la beccano e non le permettono di rialzarsi. E d’altra parte tutto l’Oriente, con le sue centinaia di milioni di lavoratori sfruttati e ridotti all’estremo limite della sopportazione, è messo in condizioni tali che le sue forze fisiche e materiali non possono essere messe a confronto con le forze fisiche materiali e militari di uno qualsiasi degli Stati più piccoli dell’Europa occidentale.

Possiamo noi salvarci dall’incombente conflitto con questi Stati imperialistici? Possiamo noi sperare che gli antagonismi e i conflitti interni fra i floridi Stati imperialistici dell’Occidente e i floridi Stati imperialistici dell’Oriente ci diano un periodo di tregua per la seconda volta come ce l’hanno dato la prima volta, allorché la campagna della controrivoluzione dell’Europa occidentale, volta ad appoggiare la controrivoluzione russa, fallì a causa delle contraddizioni esistenti nel campo dei controrivoluzionari d’Occidente e d’Oriente, nel campo degli sfruttatori orientali e degli sfruttatori occidentali, nel campo del Giappone e dell’America?

A questa domanda, io penso, dobbiamo rispondere che la soluzione dipende qui da troppe circostanze, e che l’esito di tutta la lotta in generale può essere previsto solo considerando che, in fin dei conti, il capitalismo stesso educa e addestra alla lotta l’enorme maggioranza della popolazione del globo.

L’esito della lotta dipende, in ultima analisi, dal fatto che la Russia, l’India, la Cina, ecc. costituiscono l’enorme maggioranza della popolazione. Ed è appunto questa maggioranza che negli ultimi anni, con una rapidità mai vista, è entrata in lotta per la propria liberazione, sicché in questo senso non può sorgere ombra di dubbio sul risultato finale della lotta mondiale. In questo senso la vittoria definitiva del socialismo è senza dubbio pienamente assicurata».[4]

La tendenza all’asiacentrismo di Lenin trovò un’ulteriore trave portante nella teoria del “tallone di Achille” del capitalismo internazionale, a partire dall’agosto del 1919 e dopo la sconfitta sanguinosa del processo rivoluzionario in Ungheria.

Lenin comprese infatti, da quella durissima disfatta, che ormai l’Asia costituiva su scala planetaria e assai più dell’Europa – con la parziale eccezione della Germania sconfitta nel primo conflitto mondiale – l’anello debole della catena globale dell’imperialismo dichiarando che «l’Inghilterra è il nostro peggiore nemico. È in India che la dobbiamo colpire con forza», oltre a sostenere che «l’Oriente ci aiuterà a conquistare l’Occidente» con la Russia rivoluzionaria, bolscevica ed euroasiatica a fare da perno e da cardine geopolitico tra le due aree del globo in oggetto.[5]

Anche uno storico anticomunista ma intelligente come A. Ulam comprese l’abile e spregiudicata strategia asiatica di Lenin esaminando i rapporti sovietico–afghani del 1919-20.

«Per fare un esempio, pochi stati contemporanei» (alla fin della prima guerra mondiale) «potevano essere definiti con più esattezza stati feudali, per quanto riguarda il loro ordinamento sociale e la loro struttura politica, dell’Afghanistan. Il nuovo re di quel paese, il re Amanullah, aveva da poco ottenuto la sua indipendenza dalla Gran Bretagna. Il regime sovietico si affrettò a rendere omaggio al monarca e a stabilire relazioni diplomatiche col suo governo, che sembrava in grado di creare grandi difficoltà agli inglesi in India. Nel maggio del 1920 il rappresentante sovietico in Asia centrale inviò una nota diplomatica agli afgani, nella quale rendeva omaggio “all’Afghanistan indipendente”, e come simbolo dell’amicizia sovietica per il suo paese gli annunciò che il governo sovietico avrebbe fatto dono all’Afghanistan dell’equipaggiamento necessario alla costruzione di una stazione radiotelegrafica.

La politica estera sovietica seguì dunque il principio di appoggiare, tanto a livello statale quanto attraverso il Comintern, qualsiasi movimento rivoluzionario e di emancipazione nazionale diretto contro gli interessi delle grandi potenze».[6]

Appoggio politico e materiale specialmente e soprattutto in Asia, dall’Afghanistan fino alla Turchia e dalla Cina fino all’India, durante gli anni compresi tra il 1917 e il 1923.

Come ha ammesso anche Ulam, la lungimirante progettualità-praxis leninista verso le sterminate masse popolari asiatiche divenne presto egemone sia all’interno del partito bolscevico che dall’Internazionale comunista fondata a Mosca nel marzo del 1919, seppur dovendo superare le resistenze dei marxisti dogmatici ed eurocentrici, come ad esempio Serrati e Bordiga, uniti dal rifiuto dell’opzione leninista nei confronti dei popoli sottoposti al giogo imperialista durante il secondo congresso dell’Internazionale, tenutosi nell’estate del 1920 a Mosca.

«A parte le grandiose visioni di Trockij, l’idea che l’Estremo Oriente offrisse il campo più fertile per l’avvenire della rivoluzione e che le masse asiatiche potessero diventare le alleate più preziose dello stato sovietico nacque nei primi tempi del regime sovietico e doveva costituire un punto di riferimento per la sua politica estera per molto tempo. Tuttavia questa concezione poneva un problema ideologico e tattico molto serio: infatti, in base alla lettera della ortodossia marxista o alla osservazione della realtà contemporanea, era difficile aspettarsi che in Egitto o in Cina potesse sorgere un regime socialista entro un periodo di tempo relativamente breve. Questi paesi avevano un proletariato industriale scarso o inesistente e attraversavano quella fase di sviluppo che secondo le categorie marxiste veniva definita “preindustriale”. Ma secondo il pensiero di Lenin, nessuno scrupolo ideologico doveva impedire alla comunità di allearsi con i nemici dei loro nemici. La logica della sua dottrina voleva che i comunisti appoggiassero un movimento nazionalista basato sulle classi medie purché esso fosse diretto contro una potenza imperialista, e non bisognava trascurare nemmeno i gruppi sociali più retrogradi (signori feudali o capi religiosi) nella misura in cui essi lottavano contro l’Inghilterra o la Francia per la liberà del loro paese. Qualsiasi esitazione o apparenza di duplicità per quanto riguardava questo punto avrebbe privato la dottrina dell’autodeterminazione dei popoli, sostenuta dai comunisti, di gran parte del suo valore propagandistico. […] Ma non si trattava solo di formule astratte: in India, in Cina, in altri paesi sarebbero stati creati dei partiti comunisti. Questi partiti avrebbero forse dovuto subordinare la loro lotta per il potere e per le riforme alla lotta nazionalista, servendo semplicemente da alleati alle classi alte?

Questo problema doveva suscitare molte discussioni e molte dispute, che tormentarono coloro che dovevano decidere della politica del Comintern, e dell’Unione Sovietica, nei decenni seguenti. Già nel corso del secondo congresso del Comintern, Lenin si trovò in disaccordo con un giovane comunista indiano, M. N. Roy, che si era dichiarato contrario ad attribuire la patente di alleato rivoluzionario a tutti i movimenti di liberazione nazionale senza tener conto del loro carattere classista o meno. Nelle sue memorie, Roy cita Lenin: “Illustrandomi la sua teoria secondo cui i movimenti di liberazione dei popoli coloniali erano una forza rivoluzionaria… egli avvertì però: “Non per questo bisogna tingere di rosso il nazionalismo”.»[7]

Lenin non costituì certo il primo pensatore russo a comprendere il carattere peculiare e diverso dal resto dell’Europa e della Russia.

Come ha notato alla fine del 2022 lo studioso russo K. Rakhimov in un rapporto all’autorevole Club Valdai di discussione internazionale, in Russia «la questione dell’autodeterminazione sull’argomento “Europa o Asia” è stato posto sull’agenda a partire dal tempo di Pietro il Grande, quando la Russia iniziava a dichiararsi come stato europeo. Allo stesso tempo, c’è un paradosso: la maggior parte del territorio della Russia era già allora collocato in Asia, fatto che diede la nascita alle discussioni tra Occidentalisti e Slavofili sulla posizione del paese».[8]

La particolare posizione geopolitica, oltre che socioproduttiva, della Russia del resto era già stata riconosciuta verso la metà dell’Ottocento anche da un sincero democratico, molto stimato dallo stesso Lenin, come A. I. Herzen, il quale tra l’altro individuò nella proprietà collettiva del suolo e nella comune contadina la chiave di volta per il processo di sviluppo del socialismo nella Russia del XIX secolo.[9]

Lenin rappresentò invece il primo teorico ad avere il coraggio, sfidando l’ira dei marxisti dogmatici del suo tempo come del presente, a sostenere la superiorità politico-sociale acquisita dall’avanzata Asia sul retrogrado e reazionario mondo occidentale fin dagli inizi del XX secolo, oltre a riconoscere la popolazione lavoratrice dell’Asia come la leva decisiva di ultima istanza per il successo del movimento antimperialista e comunista in campo mondiale.

La nuova fase di sviluppo del marxismo creativo su scala planetaria, ossia il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi della nuova èra, ha ripreso e ampliato l’ancora embrionale teoria leninista in via di esame innanzitutto considerando da tempo superata qualunque forma di occidental-centrismo anche in campo teorico, dimostrando anche sotto questo aspetto il degno continuatore del leninismo, seconda tappa di crescita del marxismo antidogmatico.

Sul piano pratico, poi, il partito comunista cinese non è certo stato inerte.

Verso la metà del 2017 un marxista indiano quale Y. Chemarapally aveva ad esempio individuato l’importanza dell’ingresso dell’India e del Pakistan quali paesi associati a pieno titolo nel patto di Shanghai.

A tal proposito l’analista indiano aveva notato che «India e Pakistan sono diventati formalmente gli ultimi membri dell’Organizzazione della Cooperazione di Shanghai (SCO) nell’ultimo vertice del gruppo che si è tenuto ad Astana, capitale del Kazakistan, nella seconda settimana di giugno. I due paesi avevano ricoperto per molti anni lo status di osservatori nell’organizzazione e sono stati elevati ora al rango di membri a pieno titolo. L’Iran è il prossimo paese che si prevede aderisca al gruppo nel prossimo futuro.

I membri che hanno dato vita al gruppo, creato nel 1995 e inizialmente conosciuto come “I cinque di Shanghai”, sono Russia, Cina, Kazakistan. Kirghizistan e Tagikistan. Il gruppo è stato denominato SCO dopo che vi si è aggiunto l’Uzbekistan nel 2001. Dall’inizio, la SCO è stata considerata un patto per la sicurezza e un rivale emergente della NATO. Negli anni recenti si è trasformata in un’organizzazione impegnata nella lotta al terrorismo e impegnata nella promozione della cooperazione economica e commerciale.

Con India e Pakistan ora parte del raggruppamento, la SCO emerge come una delle più grandi organizzazioni del suo tipo con tre significative potenze mondiali, Russia, Cina e India, sotto il suo ombrello. Il 44% della popolazione mondiale, il 25% del PIL mondiale e tre dei cinque paesi BRICS. L’obiettivo primario del raggruppamento è il coordinamento contro il terrorismo e ciò che vi è collegato. La SCO ha creato una Struttura Regionale Anti-Terrorismo (RATS) con sede a Tashkent, la capitale dell’Uzbekistan. Il presidente cinese Xi Jinping, parlando al vertice SCO, ha sottolineato che “la sicurezza è il prerequisito per lo sviluppo”. Il presidente Xi, in un articolo firmato scritto per un giornale kazako, ha sostenuto che la SCO «ha attivato meccanismi per combattere il terrorismo, il separatismo, l’estremismo, le droghe e i crimini transnazionali».[10]

Il difficile e contraddittorio processo di cooperazione pan-asiatica sta ormai consolidandosi e rafforzandosi su molti fronti, a partire dalle nuove Vie della Seta, rendendo sempre più attuale e concreta l’intuizione leninista riguardo all’attuale superiorità asiatica nei confronti del reazionario e imperialista mondo occidentale, con i suoi stati vassalli e le sue marionette sparse per il pianeta.

Avendo presente tale prospettiva e quadro generale, diventa perfettamente comprensibile che sia stata elaborata, seppur in modo parziale, una teoria sulla via “infrastrutturale” al socialismo su scala asiatica e mondiale.

«Essa venne avanzata in via embrionale dal marxista cinese Cheng Enfu quando quest’ultimo, sulle pagine dell’autorevole rivista cinese International Critical Thought, evidenziò in modo esplicito come il progetto globale della Nuova Via della Seta non rappresenti solo un piano infrastrutturale – come scorgiamo nitidamente anche in Occidente – ma “assume il volto di una iniziativa di edificazione globale del socialismo con caratteristiche cinesi” e quindi una planetaria operazione di soft-power con la quale “i comunisti cinesi contribuiscono al rafforzamento e allo sviluppo del movimento comunista a livello internazionale”».[11]

Comunque non è stato solo il centro di gravità del processo rivoluzionario globale a spostarsi via via verso oriente e infine in Asia, come aveva del resto previsto Lenin tra il 1902 e il 1920, quest’ultima data di pubblicazione del suo eccellente saggio intitolato Estremismo, malattia infantile del comunismo. Anche le coordinate tecnoscientifiche, produttive ed energetiche del continente asiatico si sono enormemente espanse e dilatate nel corso dell’ultimo secolo.

Si è ormai affermata anche in questi campi una nuova centralità dell’Asia: continente nel quale attualmente vivono quasi due terzi della popolazione mondiale, che conta e pesa per la metà del prodotto interno lordo globale (a parità di potere d’acquisto) e in cui risiede l’arco principale delle risorse mondiali di idrocarburi, il quale si snoda dalla zona meridionale della penisola arabica per risalire all’Iran/Iraq e al Mar Caspio, attraversando l’Asia centrale e giungendo infine alla sezione orientale della Siberia.[12]

Come diceva giustamente il grande filosofo Eraclito, tutto scorre e tutto si trasforma: anche gli equilibri e la correlazione di potenza geoeconomica del pianeta, certo…


[1] I. V. Stalin, “Il marxismo e la questione nazionale”, capitolo VII, in marxists.org

[2] V. I. Lenin, “Frederick Engels, autunno del 1895”, in marxists.org; V. I. Lenin, “Che fare?”, capitolo I

[3] V. I. Lenin, “L’Europa arretrata e l’Asia avanzata”, 31 maggio 1913, in resistenze.org

[4] V. I. Lenin, “Meglio meno ma meglio”, 4 marzo 1923, in marxists.org

[5] P. Hopkirk, “Avanzando nell’Oriente in fiamme”, p. 15–16, ed. Mimesis

[6] A. B. Ulam, “°Storia della politica estera sovietica”, p.178–179, ed. Rizzoli

[7] A. Ulam, op. cit., p. 177–178

[8] K. Rakhimov, “Asiacentrismo: Russia in search of a new identity”, 19 dicembre 2022, in valdaiclub.com; Eurocentrismo, asiacentrismo e orientalismo. La critica di Giorgio Borsa” , gennaio 2008, in jstor.org

[9] V. I. Lenin, “In memory of Herzen”, 8 maggio 1912, in marxists.org

[10] Y. Chemarapally, “L’India aderisce all’Organizzazione della Cooperazione di Shanghai”, 25 luglio 2017, in marx21.it

[11] D. Burgio, M. Leoni e R. Sidoli, “Il pensiero di Xi Jinping come marxismo del XXI secolo”, ed. Lantidiplomatico

[12] A. Galiani, “Tra 9 mesi torneranno gli equilibri economici globali del 1700”, 27 marzo 2019, in agi.it; A. Amighini, “Con la RCEP la Cina chiude il cerchio”, 17 novembre 2021, in lavoce.info

Xi fa rivivere la cultura e guida l’innovazione per la civiltà moderna

Pubblichiamo di seguito l’articolo uscito il 14 ottobre sul Quotidiano del Popolo di Pechino, sul pensiero di  Xi Jinping rispetto alla stimolante ” reazione chimica ” tra marxismo e tradizione culturale cinese: buona lettura da parte di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli.

Xi fa rivivere la cultura e guida l’innovazione per la civiltà moderna

Con una mossa che gli osservatori definiscono un nuovo apice nella convinzione culturale del Partito Comunista Cinese (PCC), un recente incontro nazionale sulla comunicazione pubblica e la cultura ha introdotto un nuovo concetto: “Xi Il pensiero di Jinping sulla cultura.”

Anni prima di questo evento significativo, Xi, che ricopre la carica di segretario generale del Comitato Centrale del PCC dal novembre 2012, è diventato il primo leader nella storia del Partito a proporre l’idea di fiducia culturale.

Il Pensiero di Xi Jinping sulla cultura segue pensieri in altre cinque sfere – militare, economia, civiltà ecologica, diplomazia e stato di diritto – tutte componenti significative del Pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era. Prendendo atto dell’ultima riflessione, gli osservatori più attenti hanno affermato che potrebbe essere quella più essenziale e onnicomprensiva fino ad oggi.

Xi ritiene che senza una profonda fiducia culturale e una cultura fiorente, il grande ringiovanimento della nazione cinese sia irraggiungibile.

La sua convinzione si riflette nel suo sostegno a importanti progetti culturali, come gli Archivi nazionali cinesi delle pubblicazioni e della cultura e l’Accademia cinese di storia, che ha visitato a giugno.

Intervenendo a un incontro sull’eredità culturale e lo sviluppo seguito alla visita, Xi ha chiesto sforzi per costruire la moderna civiltà cinese.

L’enfasi sulla cultura da parte del massimo leader cinese quest’anno non è passata inosservata, suscitando attenzione sia in patria che all’estero. Secondo molte voci, un’antica civiltà sta vivendo una rinascita attraverso l’integrazione dei principi fondamentali del marxismo con la raffinata cultura tradizionale cinese.

LA PASSIONE PER LA CULTURA DI UN LEADER

Il profondo interesse di Xi per la cultura ha influenzato in modo significativo la sua vita politica e privata. I media stranieri lo percepiscono non solo come dotato del comportamento di un leader nazionale, ma anche come dotato del fascino culturale distintivo dell’Oriente.

Ha spesso affermato che, sebbene gli piacciano alcuni hobby, la lettura è la sua “più grande passione”.

Nella sua infanzia, Xi fu profondamente toccato dalla storia di Yue Fei, un comandante militare della dinastia Song meridionale (1127-1279). Yue prese “Jing Zhong Bao Guo” o “servire il paese con lealtà senza riserve” come motto e ne fu all’altezza. Xi ricorda da tempo questi quattro personaggi, definendoli il perseguimento di tutta la sua vita.

Negli anni ’60 e ’70, Xi trascorse sette anni a Liangjiahe, nella provincia dello Shaanxi, da giovane istruito. Durante questo periodo, si dedicò allo studio delle opere e della letteratura marxista classica, sia su libri cinesi che stranieri. Ha letto “Das Kapital” tre volte.

L’impatto del radicamento di Xi nella letteratura classica cinese ha avuto una profonda influenza sulla sua carriera politica.

Ad esempio, una volta scrisse una poesia classica per commemorare Jiao Yulu, un dirigente della contea noto per la sua devozione disinteressata alla gente. Durante il suo mandato come capo del Partito provinciale dello Zhejiang, Xi ha esortato i funzionari ad arricchire la loro conoscenza della cultura tradizionale. A Shaoxing, dove visse nel IV secolo il calligrafo cinese più noto Wang Xizhi, Xi suggerì ai funzionari culturali locali di memorizzare il capolavoro di Wang, “La prefazione alle poesie composte al Padiglione delle orchidee”.

Dopo aver assunto la carica più alta del Partito, durante un seminario su letteratura e arte, Xi ha affermato che la raffinata cultura tradizionale cinese costituisce una solida base affinché la Cina possa resistere all’ondata delle correnti culturali globali.

L’alfabetizzazione culturale di Xi favorisce un legame distinto con coloro a lui vicini, e non è certamente un’immagine pubblica fabbricata come si vede con certi politici occidentali. Il suo stile linguistico passa abilmente dalla semplicità all’eloquenza classica, articolando senza sforzo i principi guida dei comunisti cinesi e le posizioni e i punti di vista della Cina.

Nei primi due volumi di “Opere scelte di Xi Jinping”, recentemente pubblicati, si fa riferimento numerose volte ai testi classici.

“Che gioia avere amici che vengono da lontano!” Gli ospiti stranieri spesso sentono questa frase nei discorsi di benvenuto di Xi, la famosa frase dei “Dialoghi di Confucio”. Presenta spesso le edizioni bilingue di “L’Arte della Guerra” e “I Dialoghi di Confucio” come doni di stato.

Dieci anni fa, durante la sua visita a Qufu, il luogo di nascita di Confucio, Xi disse che avrebbe dovuto dare un’occhiata più da vicino a due libri di riferimento sui pensieri confuciani. Ora i due libri sono stati tradotti in 16 lingue, tra cui inglese, tedesco e coreano, e distribuiti in tutto il mondo.

“Non è solo un ‘sostenitore’ della raffinata cultura tradizionale cinese, ma anche un ‘ambasciatore’ per lo scambio di civiltà e l’apprendimento reciproco”, ha commentato un netizen.

Nella tradizione cinese, la raffinatezza personale e un carattere forte sono prerequisiti per un leader qualificato. Xi incarna tale tradizione di valorizzazione dei riti e delle virtù.

Chiede ai funzionari a tutti i livelli di dare priorità ai valori della famiglia, citando spesso il filosofo Mencius, il quale affermava che la radice del mondo è nello stato, e la radice dello stato è nella famiglia.

Le foto della sua famiglia adornano gli scaffali dell’ufficio di Xi e spesso, prima che i partecipanti agli eventi si riuniscano per le foto di gruppo, invita i partecipanti più anziani a sedersi in prima fila.

Ha anche condiviso antiche storie di funzionari integri per ricordare ai membri del Partito di essere umili e cauti nell’esercitare il potere.

Parole come “ancora di salvezza”, “fonte” e “fondamento” sono spesso usate da Xi per descrivere il significato della raffinata cultura tradizionale cinese.

La carriera politica di Xi lo ha portato in tutta la Cina. Ovunque fosse inviato, approfondiva la storia e la cultura locale e visitava i siti del patrimonio culturale per comprendere lo stato di conservazione culturale in ciascuna località.

All’inizio degli anni ’80, quando lavorava come capo del Partito nella contea di Zhengding, nella provincia di Hebei, Xi chiese innanzitutto alle autorità locali di identificare e garantire la protezione di due vecchie robinie e avviò un’indagine sui patrimoni culturali locali. Oggi Zhengding, con una storia di oltre 1.600 anni, è un rinomato sito storico e culturale in Cina.

L’impegno di Xi per la preservazione culturale è continuato anche dopo essere diventato il massimo leader del Paese. Ha spinto per progetti volti a facilitare una migliore conservazione dei classici culturali cinesi come il progetto “Biblioteca di rivitalizzazione” e una collezione completa di dipinti tradizionali cinesi.

Xi ha sottolineato la “promozione della trasformazione creativa e dello sviluppo innovativo della raffinata cultura tradizionale cinese”. Ciò significa che l’eredità e lo sviluppo della cultura non implicano un semplice ritorno alla tradizione.

Xi ha sostenuto di “riportare in vita le reliquie culturali”. Nella Cina odierna, l’entusiasmo per le reliquie e le tradizioni culturali è in aumento e la tecnologia digitale sta arricchendo l’esperienza culturale di tutti i cinesi.

La vitalità culturale e la creatività della nazione sono in forte espansione. Tra il 2012 e il 2022, il reddito operativo annuo delle principali imprese culturali a livello nazionale è raddoppiato, passando da 5,6 trilioni di yuan a 12,2 trilioni di yuan (1,7 trilioni di dollari USA).

I valori socialisti fondamentali sostenuti dalla Cina sono prosperità, democrazia, civiltà, armonia, libertà, uguaglianza, giustizia, stato di diritto, patriottismo, dedizione, integrità e amicizia.

In un mondo in cui pensieri e culture sono in continua evoluzione, Xi ha integrato in modo creativo l’essenza della raffinata cultura tradizionale in questi valori, presentando un’essenza più arricchita rispetto ai “valori universali” definiti da alcuni paesi occidentali.

Xi ha costantemente dato priorità al lavoro di comunicazione pubblica.

Insiste nel seguire il ruolo guida del marxismo in campo ideologico, sottolineando l’importanza della “direzione complessiva del Partito”. Invita i mezzi d’informazione a migliorare la capacità di diffusione, orientamento e influenza.

Lo stesso Xi ha dato l’esempio molto tempo fa. Durante il suo mandato nello Zhejiang, ha pubblicato oltre 200 brevi articoli in una rubrica dedicata sulla prima pagina del Zhejiang Daily. Con un tono da paritario, ha prontamente risposto alle preoccupazioni del pubblico.

Xi presta grande attenzione ai nuovi sviluppi e alle tendenze della cultura. In un paese con più di 1 miliardo di utenti Internet, sostiene la governance del cyberspazio per garantire che Internet serva gli interessi delle persone.

“Il cyberspazio è un giardino spirituale comune per centinaia di milioni di persone”, ha affermato.

Xi ha introdotto, tra gli altri, il grande spirito fondatore del Partito, il grande spirito nella lotta contro il COVID-19, il grande spirito nella lotta alla povertà e lo spirito della Via della Seta.

Ha condannato fermamente il nichilismo storico e ha guidato gli sforzi per promuovere lo spirito nazionale con il patriottismo come nucleo e lo spirito dei tempi incentrato sulla riforma e sull’innovazione per realizzare il sogno cinese.

Nel rapporto al 20° Congresso nazionale del PCC, Xi ha proposto di rafforzare la fiducia e la forza culturale. Questa visione rispecchia la traiettoria di crescita economica della Cina e si ritiene che possa creare una nazione fiduciosa con un forte fascino culturale.

Argomenti come “Perché i cinesi stanno diventando più fiduciosi?” tendenza sulle piattaforme di social media. “Perché non dovrebbero essere fiduciosi? … Hanno una storia che risale a quasi 5.000 anni fa. La loro cultura è ricca, raffinata ed elegante. Il loro dominio nella scienza e nella tecnologia è esemplare”, ha risposto un netizen dagli Stati Uniti.

Una civiltà ininterrotta di 5.000 anni prospera sotto la guida di Xi. Mentre altre nazioni cercano di risolvere i problemi ancora esistenti, Xi mostra al mondo la sua visione culturale e il suo impegno.

INTEGRAZIONE: UNA PROFONDA “REAZIONE CHIMICA”

Il PCC ha intrapreso uno sforzo significativo per integrare i principi marxisti fondamentali con il profondo patrimonio culturale della Cina e implementarli nel governo di una nazione con oltre 1,4 miliardi di persone.

Al timone c’è Xi, che descrive lo sforzo come una profonda “reazione chimica”.

Xi ha utilizzato la cultura nella governance. Ha proposto la filosofia dello sviluppo incentrata sulle persone fondendo il concetto marxista con l’antica filosofia cinese che sottolinea le persone come fondamento dello Stato. “Il popolo è lo Stato e lo Stato è il popolo”, ha detto.

Xi – un leader che ha dimostrato il suo impegno presentando la sua domanda di adesione al Partito 10 volte quando era più giovane – ritiene che il benessere delle persone sia l’obiettivo supremo. A tal fine, aveva abbandonato le comodità di Pechino per prestare servizio nelle aree rurali povere e aveva guidato i funzionari in visite sul campo per rispondere alle preoccupazioni della gente.

Negli ultimi dieci anni, la Cina ha raggiunto traguardi notevoli, tra cui la costruzione della rete infrastrutturale e del sistema di sicurezza sociale più grandi del mondo, la formazione di un gruppo considerevole a reddito medio, l’eliminazione della povertà assoluta e il progresso verso la prosperità comune.

L’impegno di Xi nel mettere le persone al primo posto non solo arricchisce il concetto marxista centrato sulle persone, ma modernizza anche le idee tradizionali cinesi come “il popolo come fondamento della nazione” e “il popolo come massima priorità”, ha affermato Hong Xianghua, professore alla Scuola del Partito del Comitato Centrale del PCC.

Xi sta guidando la Cina sulla via del socialismo con caratteristiche cinesi nella nuova era, che ha le sue distinte basi culturali.

Ha sottolineato l’importanza di mantenere la leadership centralizzata e unificata del PCC, paragonandola a una partita di scacchi cinese, in cui il Comitato Centrale funge da comandante e vari aiutanti svolgono i loro ruoli aderendo a una strategia generale.

Questo approccio è ampiamente considerato come un equilibrio tra ordine e vitalità, stabilità e sviluppo, riecheggiando la millenaria tradizione cinese del “governo tramite riti”.

George Magnus, studioso del China Center dell’Università di Oxford, ha affermato che la Cina e i paesi occidentali possono parlare di un’agenda comune di pace, sviluppo, equità, giustizia, democrazia e libertà, ma la Cina usa il marxismo e la sua stessa antica cultura per definire una versione molto diversa di cosa significano.

Xi ha proposto una nuova filosofia di sviluppo caratterizzata da uno sviluppo innovativo, coordinato, verde, aperto e condiviso. Il concetto moderno può anche trovare le sue radici nel profondo patrimonio culturale della Cina.

Durante un incontro ad alto livello, Xi ha condotto una valutazione approfondita della traiettoria dello sviluppo globale nei tempi moderni, sottolineando il ruolo cruciale dell’innovazione nel perseguimento della costruzione di una nazione forte.

Sotto la guida di Xi, la Cina ha istituito zone dimostrative pilota e aree pionieristiche per la modernizzazione cinese in luoghi come Shanghai, Shenzhen e Zhejiang per esplorare l’innovazione istituzionale dall’alto verso il basso.

La Cina si è classificata al primo posto a livello mondiale nelle richieste di brevetti internazionali per diversi anni consecutivi e vanta risultati scientifici di fama mondiale come il satellite per la scienza quantistica “Mozi” e il satellite per l’esplorazione delle particelle di materia oscura “Wukong”.

Gli osservatori hanno notato che Xi incorpora spesso termini medici come “assistenza sanitaria preventiva”, “percorsi meridiani” e “affrontare la causa principale, piuttosto che affrontare semplicemente i sintomi” nella sua strategia di governance.

Questi concetti provengono dal campo della medicina tradizionale cinese (MTC), rinomata per la sua filosofia olistica e dialettica. Xi ha definito la MTC la “chiave per sbloccare il tesoro della civiltà cinese”.

Mentre la seconda economia più grande del mondo è alle prese con significative sfide di trasformazione, Xi ha sottolineato l’importanza di garantire il flusso senza soluzione di continuità del ciclo economico, tracciando parallelismi con la regolazione dei principali vasi all’interno del corpo umano.

Sotto la sua guida, la Cina ha implementato varie misure volte ad affrontare i colli di bottiglia, promuovere la circolazione economica e liberare il potenziale della domanda interna. Includono lo stimolo del consumo in settori chiave come l’arredamento della casa, le automobili, l’elettronica e l’accelerazione della creazione di un mercato nazionale unificato.

Nella prima metà di quest’anno, il PIL cinese è cresciuto del 5,5% su base annua, dimostrando una notevole resilienza e vitalità in un contesto di preoccupazioni per l’inflazione globale.

L’enfasi di Xi sull’“economia umanistica” sta guadagnando terreno in tutta la Cina. Questa prospettiva offre un’interpretazione umanistica dell’economia cinese, risultando in un’affascinante miscela di antico e contemporaneo.

Ad esempio, la città di Suzhou, soprannominata “Venezia d’Oriente” da Marco Polo, ha in gran parte conservato la sua struttura urbana secolare. Unisce pagode millenarie con imponenti grattacieli, creando un paesaggio unico in cui la cultura tradizionale arricchisce un fiorente ambiente imprenditoriale.

Xi ha sostenuto che antichi concetti filosofici, come il “pensiero sistematico” e il “pensiero dialettico”, possono essere applicati per aiutare ad affrontare una miriade di sfide odierne. Questi principi si sono rivelati essenziali per trovare un equilibrio tra riforma, sviluppo e stabilità, nonché per preservare l’ambiente e gestire efficacemente le risorse naturali.

Nell’affrontare le disparità di ricchezza e i divari tra aree urbane e rurali, Xi ha chiesto l’integrazione urbano-rurale e lo sviluppo coordinato in regioni come le province nord-orientali, la regione di Pechino-Tianjin-Hebei, la Greater Bay Area di Guangdong-Hong Kong-Macao e lo Yangtze. Cintura economica fluviale. Questo approccio è in linea con l’adagio cinese che enfatizza una prospettiva regionale olistica: “Chi non riesce a pianificare l’intera situazione è incapace di pianificare per un’area parziale”.

Per invertire il danno ambientale, Xi ha chiesto che le fabbriche inquinanti risolvano i problemi o affrontino la chiusura. Il Paese ha emesso un divieto di pesca per 10 anni per proteggere il fiume più lungo della Cina, lo Yangtze.

Xi ha emesso sei istruzioni per demolire le ville costruite illegalmente sui monti Qinling, che ospitano panda giganti, scimmie dal naso camuso e molti altri rari animali selvatici.

Dal concetto di “acque limpide e montagne rigogliose sono beni inestimabili” a “l’umanità e la natura costituiscono una comunità di vita”, il concetto di civiltà ecologica di Xi incarna la saggezza tradizionale cinese ed è in sintonia con la visione del comunismo di Karl Marx nell’affrontare le contraddizioni tra umanità e natura.

I cinesi oggi godono di una migliore qualità dell’aria, con una riduzione di quasi il 60% dei livelli medi di PM 2,5 dal 2013 al 2022 e una significativa diminuzione di oltre il 90% dei giorni fortemente inquinati.

Xi considera il cambiamento e l’apertura come elementi duraturi della storia della Cina. La China International Import Expo, da lui pianificata e promossa, ha fornito agli espositori globali una piattaforma significativa per mostrare prodotti e servizi di punta. È diventato un simbolo dell’impegno della Cina verso l’apertura.

Sulla democrazia, Xi sottolinea che i sistemi più affidabili ed efficaci per un Paese sono sempre quelli che radicano e traggono nutrimento dal proprio suolo.

Nello Jiangxi, gli abitanti dei villaggi si riunivano nelle sale ancestrali per discutere questioni di loro interesse. Nel Fujian, i pescatori esprimevano le loro opinioni nelle stazioni di mediazione situate su zattere di bambù. Ad Hainan, gli abitanti dei villaggi hanno tenuto riunioni politiche e preso parte a processi democratici seduti su panchine di plastica sotto il sole.

In tutta la Cina, le persone impiegano pratiche secolari tramandate dai loro antenati per risolvere i conflitti quotidiani, creare consenso e attuare il concetto di Xi di democrazia popolare integrale.

Il punto di vista di Xi sulle controversie legali potrebbe trovare risonanza con l’antico filosofo Confucio, che immaginava un mondo senza la necessità di controversie. Allo stesso modo, Xi ha osservato che le condizioni nazionali della Cina determinano che la Cina non dovrebbe fare affidamento sul contenzioso come prima e ultima risorsa.

Xi ha ribadito di promuovere “l’esperienza Fengqiao”, riconosciuta dai media stranieri come un “efficace piano di governance sociale profondamente radicato nella cultura cinese”.

Durante una recente visita a Fengqiao nello Zhejiang, Xi ha sottolineato l’importanza di fare affidamento sulla gente, risolvere i problemi a livello di base e affrontare i conflitti in modo proattivo. Ciò ha sottolineato il suo impegno nel promuovere “l’esperienza Fengqiao” in Cina.

Xi è incrollabile nella sua posizione contro coloro che violano gli interessi della gente. Dopo il 18° Congresso Nazionale del PCC, guidò il Partito nell’elevare le ispezioni a strumento strategico per il controllo interno.

Il termine “ispezione” è raro nel discorso politico internazionale contemporaneo, ma mostra l’impegno del PCC verso l’autoriforma. Questo esclusivo sistema cinese di supervisione, radicato in antiche tradizioni, funge da potente strumento, simile a una metaforica spada di Damocle.

Xi ha osservato che le ispezioni del PCC rappresentano uno strumento importante per il Paese e il Partito, e ha sottolineato che differiscono da quelle praticate nei tempi antichi, quando ispettori presuntuosi esercitavano un potere illimitato.

La Cina, una nazione multietnica, ha da tempo forgiato un senso di unità tra i suoi 56 gruppi etnici. Xi ha sottolineato l’importanza di promuovere un forte senso di comunità per la nazione cinese e ha incoraggiato tutti i gruppi etnici a “unirsi strettamente come i semi di melograno”.

Xi ha chiesto il rafforzamento dello spirito cinese, caratterizzato da incrollabile determinazione e fiducia. Ha sottolineato l’importanza di guidare con fermezza il corso dello sviluppo e del progresso della Cina sotto il proprio controllo.

I risultati sono chiari. Gli astronauti cinesi sono entrati con successo nella propria stazione spaziale e il paese ha svelato i suoi piani per far sbarcare gli astronauti sulla Luna entro il 2030. Anche il fiorente settore dei veicoli a nuova energia ha esteso la sua portata a livello globale. Questi risultati esemplificano l’indomabile spirito nazionale che è persistito nei 5.000 anni di storia della Cina.

INSIEME UN NUOVO PERCORSO

La visione del mondo di Xi si riflette in modo evidente nella sua proposta del concetto di costruzione di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità. Introdotta nel 2013, questa idea ha ottenuto un ampio riconoscimento internazionale ed è stata incorporata nei documenti di organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite.

Il concetto di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità eredita l’ideale di una “comunità di individui liberi” dal marxismo, e si allinea profondamente con l’aspirazione cinese di oltre 2.000 anni per una società ideale in cui “il bene comune è perseguito” per tutti.

Secondo Xi, l’idea confuciana di “Ping Tian Xia” non significa conquistare il mondo o dominarlo; significa invece consentire alla gente comune di sfuggire alla povertà e vivere in pace con cibo e vestiti in abbondanza.

Lo studioso britannico Martin Jacques ha commentato che, mentre la Cina cerca la propria modernizzazione, sta anche offrendo opportunità al mondo, in particolare ai paesi in via di sviluppo.

Mentre la società umana si trova ad affrontare gravi sfide legate al deficit di governance, fiducia, sviluppo e pace, Xi ha invitato il mondo a rafforzare la solidarietà e la cooperazione, attingendo alla saggezza tradizionale di “agire in buona fede ed essere amichevole verso gli altri” e di “promuovere il bene” con il proprio vicinato.

Con una storia di migliaia di anni, “la Cina continuerà a influenzare il mondo, ma lo farà dall’interno dei propri confini” e “non cercherà di controllare altri paesi”, ha affermato Stephen Perry, presidente del 48 Group britannico.

Xi ha spesso fatto riferimento al concetto di “armonia” dell’antica filosofia cinese quando interagiva con ospiti internazionali.

A suo avviso, il confronto competitivo va contro le tendenze globali prevalenti dell’epoca ed è insufficiente per affrontare sia le sfide interne che le pressanti questioni globali che il mondo si trova ad affrontare.

Incontrando una delegazione del Congresso americano nell’ottobre di quest’anno, Xi ha affermato che la civiltà cinese si è sviluppata ininterrottamente per più di 5.000 anni. Ha sempre cercato di rimanere al passo con i tempi, ha imparato dagli altri in uno spirito di inclusività e ha aderito alla filosofia della pace che mette in risalto la cooperazione e gli scambi.

Dallo scoppio della crisi ucraina, la Cina ha compiuto numerosi sforzi per promuovere una soluzione pacifica. “Più la situazione diventa difficile, maggiore è la necessità di preservare lo spazio per la pace. E mentre i problemi si intensificano, il nostro impegno nel perseguire il dialogo deve rimanere fermo”, ha detto Xi.

A marzo, in risposta all’iniziativa di Xi, le delegazioni dell’Arabia Saudita e dell’Iran hanno tenuto colloqui a Pechino, raggiungendo un accordo per riprendere le relazioni diplomatiche e riaprire ambasciate e missioni estere.

Vale la pena notare che la fiducia culturale della Cina non è “eccezionalismo” o “isolazionismo”.

Nel 2015, Xi ha presentato i valori condivisi dall’umanità di pace, sviluppo, equità, giustizia, democrazia e libertà, che contengono tutti la filosofia della nazione cinese di benevolenza, orientamento alle persone, integrità, rettitudine, concordanza e ricerca di un terreno comune.

Nel 2023, Xi ha proposto la Global Civilization Initiative, che enfatizza l’inclusione e l’apprendimento reciproco rispetto alla divisione e al conflitto. Questa iniziativa estende e arricchisce l’antica saggezza racchiusa nel detto cinese: “La bellezza dell’armonia sta nella diversità”.

È una forte confutazione a nozioni come la superiorità di alcune civiltà e lo scontro di civiltà.

Xi ha affermato che la civiltà cinese è caratterizzata da una notevole inclusività, ecco perché la “trappola di Tucidide” non si applica alla Cina.

In Francia ha citato il detto cinese: “ravanello o cavolo, ognuno a suo piacimento”. In Belgio ha affermato che i cinesi amano il tè mentre i belgi adorano la birra; sebbene il tè e la birra siano diversi, possono essere gustati entrambi.

“Se tutte le civiltà riuscissero a sostenere l’inclusività, il cosiddetto ‘scontro di civiltà’ potrebbe essere evitato e l’armonia delle civiltà diventerà realtà”, ha affermato Xi.

Ha sostenuto la bandiera dello sviluppo comune in un mondo in cui le tendenze all’unilateralismo, al protezionismo e al bullismo sono in aumento. Metaforicamente, ha rivolto un accogliente invito a persone provenienti da tutti i paesi a salire sul “treno espresso” dello sviluppo della Cina.

Quest’anno ricorre il decimo anniversario della Belt and Road Initiative (BRI) proposta da Xi. Questa versione moderna dell’antica Via della Seta mira a migliorare la connettività globale e promuovere la prosperità comune favorendo legami più stretti tra i paesi.

Negli ultimi dieci anni, oltre tre quarti dei paesi di tutto il mondo e oltre 30 organizzazioni internazionali hanno firmato accordi di cooperazione nell’ambito della BRI, generando investimenti per quasi un trilione di dollari. I progetti BRI hanno aiutato 40 milioni di persone in tutto il mondo a sfuggire alla povertà.

Xi ha proposto l’Iniziativa per lo sviluppo globale, che ha ricevuto anch’essa un ampio sostegno. Oltre 70 Paesi hanno aderito al “Gruppo degli Amici dell’Iniziativa di Sviluppo Globale” istituito sulla piattaforma delle Nazioni Unite.

Xi ha una forte determinazione nel promuovere lo sviluppo verde globale. Ha spinto per la ratifica da parte della Cina dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e ha fissato obiettivi ambiziosi affinché la Cina raggiunga il picco delle emissioni di carbonio prima del 2030 e raggiunga la neutralità del carbonio prima del 2060.

Ciò significa che la Cina, in quanto paese in via di sviluppo più grande del mondo, si sta impegnando per ottenere la massima riduzione dell’intensità di carbonio a livello globale, raggiungendo il picco di carbonio e la neutralità nel più breve tempo possibile.

Nel perseguimento della modernizzazione, la Cina spinge per il progresso materiale ed etico-culturale, promuove una convivenza armoniosa tra l’umanità e la natura e sostiene lo sviluppo pacifico.

Keith Bennett, esperto cinese di lunga data con sede a Londra, ha osservato che tutti questi riflettono le tradizioni culturali cinesi e l’adattamento del marxismo al contesto cinese.

Per secoli, gran parte dell’esperienza di modernizzazione dell’umanità è derivata dall’Occidente, e molti credevano che la modernizzazione equivalesse all’occidentalizzazione.

Tuttavia, questo “mito” viene gradualmente sfatato. Le crescenti questioni relative alla disparità di ricchezza, alla divisione sociale e ai desideri materialistici nei paesi occidentali mettono in luce i limiti della modernizzazione in stile occidentale, mentre l’approccio unico della Cina di integrare il marxismo con la sua raffinata cultura tradizionale offre all’umanità una nuova scelta per raggiungere la modernizzazione.

“Abbiamo sempre avuto la sensazione che l’Occidente sia superiore. Ci è sempre stato detto che per progredire dobbiamo essere uno di loro. Ma ci rendiamo conto che non può essere così”, ha detto il primo ministro malese Anwar Ibrahim in un videomessaggio ad un forum a Guangzhou. all’inizio di quest’anno. “Abbiamo iniziato a guardare alla nostra esperienza, alla nostra storia e ai contributi dei nostri antenati”.

Sourabh Gupta, membro senior dell’Institute for China-America Studies di Washington, ha affermato che l’ascesa della Cina non seguirà il percorso delle potenze occidentali. Pechino ha a cuore e sostiene la diversità delle civiltà mondiali. Non è tanto un messaggio antioccidentale quanto un messaggio non occidentale rivolto a coloro che sono interessati a prestarci ascolto.

Un rapporto pubblicato lo scorso anno dai ricercatori dell’Università di Cambridge affermava che il 62% dei cittadini dei paesi in via di sviluppo ha una visione positiva della Cina. Questa è la prima volta dall’inizio della raccolta dei dati che il vantaggio della Cina tra i paesi in via di sviluppo ha superato quello degli Stati Uniti.

La nazione cinese, che un tempo creò una splendida civiltà, soffrì umiliazione e miseria per più di un secolo dopo il 1840. Xi ha espresso profonda preoccupazione per questo, affermando: “Questa tragedia storica non deve mai ripetersi!”

Oggi, la Cina sta mostrando una grande visione in cui i suoi 1,4 miliardi di persone stanno avanzando collettivamente verso la modernizzazione. Ciò non solo rispecchia le aspirazioni del popolo cinese, ma fornisce anche una confutazione alternativa alla teoria della “fine della storia”, con Xi come leader di questo viaggio epocale.

Oltre un secolo fa, Karl Marx propose il progresso dell’umanità e la realizzazione dell’emancipazione umana. Il testimone della storia è passato alla generazione di comunisti cinesi rappresentata da Xi.

Come egli giustamente esprime con le sue parole: “La migliore eredità della storia è creare una nuova storia; il più grande tributo alla civiltà umana è creare una nuova forma di civiltà umana”.

Fonte: en.people.cn

(Editore web: Zhong Wenxing, Liang Jun)