Cina: forza motrice principale del socialismo mondiale

Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

Cina: forza motrice principale del socialismo mondiale

Oltre alla contraddizione principale su scala planetaria tra imperialismo occidentale, egemonizzato dagli USA, e gli stati- popoli che con crescente forza si oppongono alla ricerca del dominio mondiale di Washington, continua ad operare globalmente ai nostri giorni anche la contraddizione tra socialismo e capitalismo: e la Cina prevalentemente costituisce la leva principale del comunismo e  del marxismo contemporaneo, come hanno ben dimostrato anche i due recenti esempi concreti nel rapporto tra Pechino con Cuba e la Palestina.

Per quanto riguarda il primo aspetto è riferendosi agli aiuti materiali inviati questo aprile dalla Cina all’ eroica Cuba rivoluzionaria, l’AntiDiplomatico ha sottolineato come “nel contesto delle recenti sfide alimentari e socio-economiche che affliggono Cuba, l’arrivo del primo lotto di aiuti alimentari d’emergenza dalla Cina rappresenta un segno tangibile di solidarietà e amicizia tra le due nazioni. Il gesto della Cina non è solo un atto diplomatico, ma un simbolo di supporto concreto ai cubani in tempi di difficoltà, come evidenzia il quotidiano Global Times.

Cuba, già colpita dalle conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina e dai cambiamenti climatici, si trova ora ad affrontare una difficile situazione a livello alimentare, aggravata dalle restrizioni commerciali imposte dagli Stati Uniti. L’embargo, una reliquia della Guerra Fredda, ha un impatto devastante sull’economia cubana e minaccia la sicurezza alimentare del popolo cubano.

In questo contesto di difficoltà, l’arrivo degli aiuti dalla Cina è un raggio di speranza. Questo sostegno non solo fornisce beni materiali essenziali come cibo e attrezzature mediche, ma rappresenta anche un messaggio di solidarietà e amicizia tra due nazioni che condividono una lunga storia di cooperazione.

La relazione tra Cina e Cuba va oltre la mera assistenza umanitaria. Si basa su una partnership solida e duratura, evidenziata dall’iniziativa “Belt and Road” che ha facilitato scambi economici e commerciali tra le due nazioni. Questa cooperazione ha portato benefici tangibili ai cittadini di entrambi i paesi e ha ricevuto l’apprezzamento di numerosi paesi latinoamericani, dimostrando il potenziale della solidarietà internazionale nell’affrontare le sfide globali”.[1]

Rispetto invece alle forze combattenti del popolo palestinese – non solo Hamas, ma anche l’intera sinistra della Palestina – il partito comunista svizzero ha evidenziato come “mentre la Casa Bianca pone veti su veti per impedire il cessate il fuoco e nelle cancellerie europee continua il silenzio di fronte al genocidio in Palestina ad opera del regime sionista, il governo cinese ha rilasciato una coraggiosa dichiarazione in cui afferma il diritto del popolo palestinese a impegnarsi nientemeno che nella lotta armata per la sua liberazione. Si tratta di un messaggio fortissimo per una diplomazia, quella cinese appunto, conosciuta per essere stato sempre (almeno negli ultimi 30 anni) molto cauta e moderata. La Cina peraltro continua teoricamente a difendere la linea dei “2 popoli 2 Stati”, ma di fronte al genocidio in corso e al fanatismo sionista ha deciso di schierarsi.

La Cina distingue la lotta armata di liberazione nazionale dal terrorismo

Il 22 febbraio, in occasione del secondo giorno di udienze della Corte internazionale di giustizia (CIG) sulle “conseguenze legali derivanti dalle politiche e dalle pratiche di Israele nei Territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est”, tenutesi all’Aia, in Olanda, Ma Xinmin, consigliere giuridico del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Popolare Cinese, ha affermato, riferendosi ai risultati della “Guerra dei Sei Giorni” del giugno 1967, che sono passati 57 anni dall’inizio dell’occupazione da parte di Israele e che la natura illegale dell’occupazione e la sovranità sul territorio occupato rimangono immutate. Ai palestinesi non deve essere negata la giustizia: “La giustizia è stata a lungo ritardata, ma non deve essere negata” ha aggiunto. Su Al Jazeera, Ma Xinmin ha pure affermato che “l’uso della forza da parte del popolo palestinese per resistere all’oppressione straniera e completare la creazione di uno Stato indipendente è un diritto inalienabile”. Questo riconoscimento si riflette anche nelle convenzioni internazionali: ad esempio, la Convenzione araba per la soppressione del terrorismo del 1998 afferma “il diritto dei popoli a combattere l’occupazione e l’aggressione straniera con qualsiasi mezzo, compresa la lotta armata, al fine di liberare i loro territori e garantire il loro diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza”. In questo contesto – ha spiegato il diplomatico cinese – “la lotta armata si distingue dagli atti di terrorismo”.[2]

Si tratta di due fatti sicuri, ma non certo gli unici che confermano come la Cina prevalentemente socialista costituisca il perno e l’asse principale del movimento comunista e del marxismo del Ventunesimo secolo.

“Innanzitutto il numero attuale dei cinesi risulta pari a più di 1.400.000.000 e comprende quindi quasi un quinto dell’intero genere umano, mentre invece ad esempio lo splendido popolo del Laos con i suoi gentili e coraggiosi esseri umani raggiunge solo sette milioni di unità.

Altrettanto indiscutibile risulta il “fatto testardo” (Lenin) in base al quale l’estensione territoriale della Cina equivale a più di 9.500.000 chilometri quadrati, quindi oltre trenta volte l’Italia, mentre il Laos prevalentemente socialista si estende su una superficie di 236.000 km²: la Cina rappresenta il quarto paese nel mondo, in termini di superficie geografica.

Sul piano geopolitico la Cina Popolare risulta inoltre collocata quasi al centro del gigantesco continente asiatico e confina, o risulta molto vicina a nazioni importanti quali la Russia, l’India e il Giappone, il Pakistan e l’Afghanistan, il Vietnam e la penisola coreana, oltre alle grandi estensioni della Mongolia e del Kazakistan.

La Cina prevalentemente socialista dall’inizio del terzo millennio si rivela altresì ben posizionata, ormai da più di due decenni, all’interno della decisiva zona geoeconomica dell’Oceano Pacifico: un’area enorme e una rete proteiforme di interrelazioni produttive, commerciali e politiche che ormai rappresenta il “numero uno” a livello mondiale, come del resto aveva previsto in modo geniale Karl Marx fin dal 1850 e nel suo splendido scritto intitolato Spostamento del centro di gravità mondiale.

Rimanendo sempre nel settore dei “numero uno” globali, la Cina Popolare è diventata, come minimo fin dal 2014, la prima potenza economica del mondo in termini di prodotto nazionale lordo – a parità di potere d’acquisto – persino secondo le valutazioni della Banca Mondiale a guida occidentale e, stando anche alle stime più prudenti, rappresenta sicuramente la terza potenza militare del nostro pianeta”.[3]

Fatti testardi, avrebbe rilevato Lenin…


[1] ” Solidarietà sino-cubana: un ponte contro l’egemonia “, 7 aprile 2024, in lantidiplomatico.it

[2] “La Cina rompe gli indugi e si schiera con il popolo palestinese: la lotta armata contro il colonialismo è un diritto”, 2 marzo 2024, in sinistra.ch

[3] D. Burgio, M. Leoni e R. Sidoli, “Xi. Il pensiero di Xi Jinping come marxismo del XXI secolo”, p. 83-84, LAD Gruppo Editoriale

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